PACHINO – La Polizia di Stato di Siracusa ha eseguito 19 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del Tribunale di Catania, a carico di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, furti in abitazioni ed aziende agricole. L’operazione è denominata “Araba fenice“.
L’attività di indagine, condotta dalla squadra mobile di Siracusa e coordinata dalla Dda della procura di Catania, ha consentito di accertare l’operatività nella zona sud della provincia aretusea del cosiddetto clan “Giuliano”, che, grazie alla forza di intimidazione esercitata dai suoi appartenenti, avrebbe monopolizzato e condizionato l’intero mercato ortofrutticolo della zona.
I soggetti destinatari delle misure di custodia cautelare in carcere, a vario titolo, sono: Agosta Rosario, nato a Modica, classe 1973; Aprile Claudio, nato a Noto, classe 1983; Aprile Giovanni, nato a Noto, classe 1978; Aprile Giuseppe, nato ad Avola, classe 1977; Arangio Antonio, nato a Modica, classe 1976; Arangio Sergio, nato a Siracusa classe 1992; Bosco Salvatore, nato a Siracusa classe 1985; Caccamo Massimo, alias “u rossu”, classe 1974; Cannarella Antonino, nato ad Avola, classe 1995; Cannavò Salvatore, alias “Giovanni Cicala”, nato a Catania classe 1964; Crispino Giuseppe, alias “u barberi”, nato a Noto, classe 1978, già detenuto al momento dell’arresto; Di Salvo Giuseppe, nato ad Avola, classe 1997; Giuliano Salvatore, nato a Pachino, classe 1963; Giuliano Gabriele, nato a Pachino, classe 1985; Gugliotta Vincenzo, nato ad Avola, classe 1992, residente a Portopalo di Capo Passero; Salvo Salvatore Massimiliano, nato a Catania, classe 1982; Scalisi Nunzio Agatino Lorenzo, nato a Catania, classe 1959, assistente capo della Polizia di Stato in servizio al commissariato di Pachino; Vizzini Giuseppe, alias “u marcuottu”, nato a Pachino, classe 1964, già detenuto al momento dell’arresto; Vizzini Simone, nato a Modica, classe 1989, già detenuto al momento dell’arresto.
Le indagini, svolte dalla squadra mobile di Siracusa e coordinate dalla Dda della Procura di Catania, documenterebbero, nel periodo che va almeno dal maggio 2015 sino al maggio 2017, l’esistenza e l’operatività nella zona sud della provincia aretusea, tra i comuni di Pachino e Portopalo di Capo Passero, di una associazione mafiosa denominata clan “Giuliano”, ritenuta capeggiata da Salvatore Giuliano, la quale, grazie alla forza di intimidazione esercitata dai suoi appartenenti, sarebbe stata in grado di condizionare le attività economiche della zona, traendone indebiti vantaggi, nonché di perpetrare una serie di attività illecite che spaziavano dalle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti, alla commissione di furti ad abitazioni ed aziende agricole.
L’indagine in argomento si è incentrata sulla figura di Salvatore Giuliano e sugli uomini di sua stretta fiducia, Giuseppe Vizzini e i fratelli Giuseppe, Giovanni e Claudio Aprile (tutti gravemente indiziati del reato di associazione di tipo mafioso per la loro presunta appartenenza al clan) e sulla progressiva ascesa del gruppo a vero e proprio sodalizio mafioso in grado di acquisire il monopolio nella produzione e nello smistamento dei prodotti ortofrutticoli coltivati nelle numerose serre presenti in quei territori. Salvatore Giuliano è indicato dagli investigatori come “l’indiscusso boss della zona, cui tutti devono rivolgersi per poter svolgere le proprie attività nei territori sotto il suo controllo”.
Grazie ai legami vantati nell’ambito della criminalità organizzata catanese con il clan “Cappello” e al patto di non belligeranza siglato con la consorteria rivale dei “Trigila”, Giuliano si sarebbe quindi assicurato lo spazio operativo per dominare incontrastato nei territori di Pachino. La principale fonte di guadagno sarebbe derivata dal condizionamento del ricco e fiorente mercato ortofrutticolo, che da sempre costituisce in quei territori la più rilevante attività economica.
Per ottenere questo risultato, il sodalizio avrebbe dato vita a un’attività imprenditoriale, “La Fenice srl“, da cui il nome dell’operazione di polizia, le cui quote sociali risulterebbero formalmente ripartite al 50 per cento tra Gabriele Giuliano, figlio di Salvatore, e Simone Vizzini, figlio di Giuseppe, che si occupa del commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli. Tale sodalizio avrebbe in un magazzino sito a Pachino (vedi foto) il suo quartier generale, ove si sarebbero tenute le riunioni e gli incontri con gli esponenti di altri clan.
Secondo gli investigatori, la strategia, di fatto decisa da Salvatore Giuliano, sarebbe stata finalizzata a costringere i produttori a versare il loro raccolto nei magazzini della “Fenice” in modo da ottenere il pagamento di una somma di denaro, come corrispettivo dell’attività di mediazione per la successiva vendita della merce agli operatori della grande distribuzione. Allo stesso modo, anche i commercianti che intendevano acquistare i prodotti coltivati nelle serre di Pachino, per immetterli successivamente nel mercato finale, avrebbero dovuto trattare con Giuliano e il suo gruppo senza potersi interfacciare direttamente coi coltivatori. Grazie a questo collaudato meccanismo, gli indagati avrebbero preteso il pagamento di una somma di denaro, la cosiddetta “provvigione”, calcolata in percentuale del raccolto prodotto e ceduto agli operatori della piccola e grande distribuzione, che costituiva il corrispettivo per la presunta attività di mediazione contrattuale svolta tra produttori e commercianti.
Ma le attività illecite del sodalizio non si sarebbero limitate al condizionamento illecito del mercato ortofrutticolo. La capacità di penetrazione del clan sarebbe stata tale da colpire anche il settore dei parcheggi a pagamento situati a ridosso delle zone balneari. Di cui si sarebbero occupati i tre fratelli Giuseppe, Giovanni e Claudio Aprile, ritenuti “braccia armate” del Giuliano, sia direttamente collocandovi uomini fidati, sia indirettamente imponendo il pagamento di somme di denaro a coloro che li gestivano.
Secondo quanto emerso nel corso delle indagini, inoltre, i tre fratelli Aprile, avvalendosi della complicità di Rosario Agosta, Vincenzo Gugliotta, Giuseppe Di Salvo, Antonino Cannarella e Sergio Arangio, si sarebbero occupati della commissione di furti di macchinari agricoli, asportati alle aziende agricole insistenti nei territori di Noto, Rosolini e Palazzolo Acreide.
Inoltre, viene contestata dagli inquirenti l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti composta da Salvatore Cannavò, Massimo Caccamo e Antonio Arangio, i quali grazie all’avallo ottenuto da Salvatore Giuliano, avrebbero fatto giungere a Pachino ingenti quantitativi di cocaina per immetterli sul mercato.
Nell’operazione è stato arrestato anche Nunzio Agatino Lorenzo Scalisi, assistente capo della Polizia di Stato in servizio al commissariato di Pachino, indagato, insieme a Salvatore Giuliano, per una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, che sarebbe stata posta in essere in danno dei proprietari di un’abitazione condotta in locazione dallo Scalisi. Giuliano, con minaccia consistita nel presentarsi personalmente, dietro richiesta e accordo con il poliziotto, avrebbe prospettato anche larvatamente pericoli per l’incolumità personale o ai beni delle persone offese, al fine di costringerli a non pretendere il corrispettivo di almeno tre canoni di locazione a loro dovuti dallo Scalisi.