Noto, vicenda Trigona, comitato chiede al sindaco di “ritrattare la firma” sulla rifunzionalizzazione dell’ospedale
NOTO – “La volontà popolare è fortemente contraria al Piano di rifunzionalizzazione della rete sanitaria che, sulla carta, dovrebbe migliorare il servizio in tutta la zona sud della provincia ma che, invece, suscita molte preoccupazioni e dubbi anche alla luce del mancato rientro dei reparti di Pediatria, Ostetricia e Ginecologia al Trigona. Prova ne è stata la grandissima affluenza e la partecipazione sentita dei cittadini di Noto che venerdì 12 hanno sfilato in un corteo pacifico da Palazzo Ducezio al Trigona”. Così il Comitato cittadino (chiamato “unità di crisi”) contro il temuto ridimensionamento dell’ospedale di Noto, presieduto dal medico in pensione Vincenzo Adamo, fa il punto in un comunicato sulla situazione che nel corso della settimana alle spalle ha visto forti tensioni e un partecipato corteo popolare (nella foto), con l’adesione del sindaco Corrado Bonfanti.
Ma il Comitato fa sapere che “si dissocia dall’accordo siglato da Bonfanti alla conferenza dei Sindaci del novembre del 2015” e pertanto intende agire su due livelli. Innanzitutto, chiedendo al primo cittadino di “ritrattare la propria firma e di prendere una posizione coraggiosa e senza ambiguità sulla rifunzionalizzazione della rete ospedaliera, facendo un passo indietro per il bene della città e di tutta la zona sud”. Inoltre, chiedendo all’Assessorato regionale alla Salute di “dare disposizioni all’Asp per la riattivazione entro lunedì 15 aprile 2019 del Punto nascita e della Pediatria dell’Ospedale Noto-Avola, di sospendere l’attuazione del decreto e di aprire un nuovo tavolo di concertazione anche in considerazione delle condizioni in cui versano le donne in sciopero della fame, determinate a proseguirlo fino a che non avranno risposta, e del grave stato di allarme sociale espresso dalla cittadinanza della zona sud a causa dello stato di pericolo venutasi a determinare”.
Durante la manifestazione di venerdì mattina si è registrata un’aggressione, denunciata dall’Asp, al direttore sanitario dell’ospedale Avola-Noto, Rosario Di Lorenzo, su cui vertici e direttori di dipartimento dell’Azienda hanno emesso comunicati di unanime solidarietà e di dura condanna. Il Comitato fa sapere in generale che “si dissocia altresì da episodi conflittuali, anche se solo verbali, fra utenti e personale sanitario a cui va tutto il nostro rispetto”, precisando che “detti episodi nulla hanno a che vedere con il percorso di lotta pacifica intrapreso dalle donne e dagli uomini di questo Comitato che, sin dalla sua formazione, ha posto e continua a porre alla base della protesta il dialogo civile e il rispetto delle leggi e delle Istituzioni”.
Nel comunicato, il Comitato presieduto da Adamo ribadisce, ancora una volta, i motivi della protesta in corso da settimane. “Se è vero che la scintilla che ha acceso la protesta è la sospensione del servizio di Pediatria, Ostetricia e Ginecologia – si ricorda – il cuore del problema è l’intero Piano di rifunzionalizzazione così come stabilito con il Decreto 629/2017, dove è violato il parametro di dotazione dei posti letto del 3 per mille per gli acuti, previsto dalla Legge Balduzzi. L’Asp viola la Legge Balduzzi, altresì, allorché prevede la separazione dei reparti di acuzie da quelli di post acuzie nelle due strutture. Questo rilevo porta alla non condivisibile logica del trasferimento di reparti dal Trigona al Di Maria, con pericoloso depotenziamento dei due Pronto soccorso di Noto e di Avola, messo in opera dai Vertici aziendali progressivamente negli anni 2015, 2016, 2017, 2018, aggravato dall’ulteriore interruzione dell’erogazione, in regime di pronta disponibilità dal 1° marzo 2019, del servizio di emergenza di pediatria e di ostetricia. Un lungo processo che, a partire dal 2002, ha anteposto gli interessi della politica a quelli dei cittadini. La manifestazione del 12 aprile – si conclude – non può essere ignorata, impone una linea chiara e decisa: inaugurare una nuova fase di dialogo con le autorità sanitarie locali e regionali per ridiscutere l’intero modello organizzativo alla luce delle mutate condizioni sociali e di contesto”.