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Pianificare attività di influencer marketing efficace: 5 elementi di successo e 3 sfide da cogliere

Nel mese di settembre si è tenuta a Milano la tavola rotonda dal titolo “Decoding Digital Influence – Strategies for Success in Influencer Marketing”. L’evento è stato organizzato da The Influencer Marketing Factory (IMF), agenzia di influencer marketing che opera a livello mondiale per aiutare i brand a ingaggiare la Gen Z e i Millennials attraverso i social network, in collaborazione con Chatwin, realtà che si occupa di supportare IMF e altre aziende nell’espansione europea e globale.

La tavola rotonda ha coinvolto esperti provenienti da centri media, agenzie e brand, che si sono confrontati sulle strategie che oggi guidano le attività di influencer marketing e sulle sfide che il mercato offre. Tra gli speaker protagonisti della tavola rotonda: Enrico Quaroni, CEO e Founder, e Antonella D’Apolito, Managing Innovation Partner, di Chatwin, Nicla Bartoli, VP Global Sales, e Marsella Dondi, Creative Strategist, di IMF; Anna Rossetti, Head of Content di Havas Play; Antonio Severino, Content Director di Wavemaker Italy; Fabiola Granier, Head of Influencer Marketing in Dentsu Creative; Yoann Steri, Digital & Data Director di Danone; Valentina Pasotti, Senior Marketing & Digital Manager in Benefit Cosmetics e Livia Panzeri, Responsabile Digital, eCommerce e Nuovi Canali per Henkel. Presenti in sala anche diversi altri brand e media agency oltre a Daniela Campagna, Responsabile in Chatwin del business development di IMF.

Il 2023 ha registrato un sempre maggiore investimento a livello globale nell’influencer marketing, pari oggi a 21 miliardi di dollari – commenta Enrico Quaroni, CEO e Founder di ChatwinSi tratta di un ambito davvero ricco e sfidante per il mondo della comunicazione: oltre l’80% dei marchi ritiene che l’influencer marketing sia un metodo di comunicazione estremamente efficace e ne è la prova la costante crescita degli investimenti; il 70% di questi, poi, ha dichiarato di preferire adottare come partner nano e micro influencer, rispetto a influencer globali e questo è uno dei temi caldi che abbiamo portato sul tavolo del confronto”.

Quali influencer scegliere e quali criteri adottare nella scelta? Le celebrities sono influencer? I nano e micro influencer riescono davvero a influenzare? Come si imbastisce una campagna di influencer marketing? Queste le domande alla base del dibattito che ha visto i partecipanti concordare sui 5 elementi di successo che rendono una strategia di influencer marketing efficace:

  • Briefing chiaro e obiettivi espliciti:identificare quali obiettivi si intende raggiungere attraverso la campagna di influencer marketing è il primo step per pianificare un percorso collaborativo funzionale, che sappia tradursi in un investimento efficace per l’azienda e, per l’influencer, in un ulteriore strumento per portare valore alla propria community. La pianificazione, inoltre, consente di investire in modo rigoroso, arginando il rischio di bruciare budget.

Avere bene in mente cosa si deve comunicare, a chi, in che modo e quale sia l’obiettivo della campagna è fondamentale – ha commentato Fabiola Granier, Head of Influencer Marketing in Dentsu Creative Conoscere a fondo il brand, il prodotto o i servizi e capire quali sono le esigenze comunicative è la condizione imprescindibile per avviare l’intero processo di realizzazione della campagna”.

  • Autenticità: perché una collaborazione con influencer funzioni è necessario che i messaggi veicolati dal creator vengano percepiti dalla community come autentici. Dunque, è fondamentale definire un filone narrativo, che crei una connessione valoriale capace di legare l’influencer al brand e, a sua volta, il brand alla community, in modo genuino.

Oggi l’autenticità, il valore del suggerimento, del consiglio e della vicinanza è in mano ai creator molto più di quanto a volte le aziende non vogliano ammettere: sono loro gli intermediari fra brand e community – ha proseguito Antonio Severino, Content Director di Wavemaker Italy Questo ci pone davanti anche a nuove prospettive e riflessioni: affidare ai creator il ruolo di potenziali “venditori” è, o diventerà, verosimile?”.

Concordo sul fatto che l’autenticità sia uno degli elementi chiave – ha aggiunto Yoann Steri, Digital & Data Director di Danone – Quando il creator parla di un prodotto deve farlo con naturalezza, in modo da non creare discontinuità rispetto all’identità del brand; la discontinuità rischia di allontanare l’utente dal brand stesso, oppure di causare minori performance di engagement. Quando si riesce a creare una vera relazione tra l’influencer e il prodotto si ha quell’autenticità necessaria che porta le campagne ad avere successo”.

  • Relevance e valutazioni quantitative e qualitative nella scelta dei creator: il brief, ovvero gli obiettivi della campagna e il target di riferimento sono il punto di partenza da cui iniziare l’attività di scouting dei creator, ma occorre anche prendere in considerazione una combinazione di variabili quantitative e qualitative. Se le prime afferiscono ai numeri in senso stretto (audience che il creator ha e che può raggiungere, i risultati che ci si può attendere da un’eventuale collaborazione), le variabili qualitative fanno riferimento alla sfera personale del talent.

La selezione degli influencer oggi è ancora dettata a volte da elementi di natura umana e personale, che talvolta limitano o impattano sulla valutazione dei migliori creator per l’attività – si inserisce Fabiola Granier, Head of Influencer Marketing in Dentsu Creative In Dentsu Creative, per capire se un determinato creator sia davvero giusto per una specifica campagna, combiniamo tre elementi: il brief, punto di partenza dell’analisi, variabili quantitative-data driven ed elementi di natura qualitativo-creativa. Questi ultimi sono legati al talent. Chi è, cosa ha fatto e che valori sposa? Questi valori sono allineati a quelli del brand? Che tone of voice ha? Che valore aggiunto può portare alla marca e come amplifica il messaggio? Che risultati porta?”.

In Benefit Cosmetics, ad esempio, il criterio più importante che valutiamo nella scelta di un creator è la relevance – ha aggiunto Valentina Pasotti, Senior Marketing & Digital Manager in Benefit Cosmetics Una variabile di misurazione multifattoriale che combina aspetti quantitativi e qualitativi. In realtà, poi, per noi ciò che è determinante è l’affinità con il brand: nella scelta puntiamo sempre sul creator che sappia trasmettere il nostro DNA unico”.

  • Micro Influencer VS Macro Influencer: per definizione i Micro Influencer hanno una community che spazia tra 1.000-20.000 follower; i Macro Influencer, invece, vantano tra i 100 e i 500mila follower. Nella selezione del creator migliore per la specifica campagna, occorre bilanciare sempre la valutazione degli elementi quantitativi e qualitativi.

L’approccio che utilizziamo si basa su un mix di creator: per le campagne valoriali di brand preferiamo scegliere Macro Influencer, ma quando abbiamo bisogno di sollevare un interesse effettivo rispetto ad un prodotto o servizio prediligiamo i Micro Influencer – commenta Livia Panzeri, Responsabile Digital, eCommerce e Nuovi Canali in Henkel È vero che la follower base è minore, ma è anche vero che gli utenti che ne fanno parte sono particolarmente ingaggiati e quindi percepiscono più facilmente come autentici e genuini i messaggi del creator stesso”.

  • Piattaforme: la scelta del canale di comunicazione più adatto dipende da una molteplicità di fattori (il target da raggiungere, la piattaforma da questo maggiormente utilizzata, ma anche il canale di origine dell’influencer stesso). Occorre che vi sia un allineamento tra gli obiettivi del brand, la scelta dell’influencer e il canale social che ne ha determinato l’affermazione, ma anche la piattaforma che si intende selezionare per veicolare la campagna. Ad oggi in Italia Instagram è lo strumento maggiormente utilizzato in quanto abbraccia un target più trasversale, mentre Youtube ha ancora ampi margini di crescita; TikTok, invece, è il canale in cui i brand stanno consolidando sempre di più la loro presenza.

Il dibattito ha poi lasciato spazio a una valutazione di quelle che sono le 3 sfide che le attività di influencer marketing aprono e che il mercato chiede di cogliere. Tra queste:

  • Podcast: questa forma audiovisiva, nel nostro Paese, non è ancora particolarmente sfruttata nell’influencer marketing. Eppure, come sottolineato da Anna Rossetti, Head of Content di Havas Play, il podcast è un chiaro esempio di strumento con un alto potenziale: “La vera sfida oggi è approcciare ogni strategia con occhi nuovi, essere capaci di anticipare i trend e cavalcarli per primi. Aprirsi alle novità deve essere il mantra e in questo penso che il podcast sia uno degli strumenti che più richiama all’attenzione. I brand devono prendersi la responsabilità del rischio e devono mettersi in gioco nella gestione della campagna, anche con strumenti non tradizionali”.
  • Misurazione: è uno degli aspetti più critici all’interno delle pratiche di influencer marketing italiane. Il nostro Paese, infatti, ha dimostrato di essere manchevole dal punto di vista del tracciamento. Esiste, nella misurazione dei risultati delle campagne, una falla che ne impedisce la corretta valutazione e che determina una porzione di sommerso ad oggi non misurabile.

Oggi è difficile giustificare internamente il valore di una campagna; manca un tool appropriato per quantificare il ritorno sull’investimento in termini di awareness o di trasferimento di valore – prosegue Yoann Steri (Danone) – Si misurano sempre le stesse metriche, come il livello di interazione o l’engagement, ma poco spazio è dato alla valutazione degli aspetti qualitativi. Tuttavia, stiamo vivendo un passaggio verso l’attention economy: vuol dire, cioè, che in ogni ambito una metrica ricorrente è l’attenzione che l’utente rivolge a quel determinato contenuto, a quella specifica comunicazione. Questo mi fa pensare che, forse, un domani il KPI trasversale potrà essere proprio il costo per secondo di attenzione”.

  • Social commerce: una tendenza affermata nei Paesi asiatici e che è destinata ad aprire nuove sfide in contesto italiano. Il social commerce potrebbe rappresentare il massimo grado di disintermediazione della comunicazione tra brand e users, attribuendo agli stessi influencer il ruolo di venditori.

L’influencer marketing è un canale davvero complesso, con obiettivi molto frammentati – conclude Nicla Bartoli (IMF) – Nel nostro Paese questi canali non vengono ancora pienamente sfruttati per la vendita diretta di prodotto; mentre, per esempio, la Cina sta facendo scuola sull’uso dei social media, mettendo in luce come gli unici asset di valore sono, ormai, gli user generated contents, che permettono all’utente di sentirsi realmente rappresentato. Sarà interessantissimo vedere come il social commerce, già molto utilizzato all’estero, evolverà: considerando che il mondo della creator economy è in continuo mutamento ed è sempre più orientato alla vendita, penso proprio che il live streaming finalizzato al selling arriverà presto anche da noi. Nei prossimi mesi ci saranno evoluzioni importanti nel mondo dei social media e dovremo prepararci ad accogliere importanti novità in questo ambito”.


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