Osservatorio Etna

Si estende lo sciame sismico in Italia centrale

È in corso dalla sera del 26 ottobre una violenta riattivazione dello sciame sismico iniziato con la forte scossa del 24 agosto 2016, che ha colpito l’Italia centrale. A poco più di due mesi di distanza, l’area settentrionale del settore interessato dallo sciame sismico si è ulteriormente attivata generando due forti scosse, di Magnitudo Richter rispettivamente pari a ML 5.4 e ML 5.9, oltre a centinaia di repliche. Scuotimenti sismici risentiti distintamente dalla Pianura Padana alla Campania, ma che hanno colpito da vicino le province di Macerata, Perugia ed Ascoli Piceno, con area epicentrale posta a soli 3 km da Castelsantangelo Sul Nera, 14 km da Norcia e 21 km da Arquata del Tronto (fonte: https://ingvterremoti.wordpress.com/).

Perché accade questo? Si tratta, probabilmente, dell’attivazione di una faglia prospiciente, verso Nord, a quella che ha generato il terremoto di agosto. L’Appennino centrale è, oggi, caratterizzato da un regime tettonico che “estende” la crosta terrestre con tassi di deformazione pari a 3-4 millimetri all’anno. Questo processo “carica” le numerose faglie che segmentano la crosta, portandole progressivamente alla rottura e quindi al sisma. Quando una faglia si attiva, deforma anche la crosta al suo intorno, creando i presupposti affinché altre faglie ad essa limitrofe, se prossime al punto di rottura, si attivino a loro volta, come per un effetto domino.

Difficile dire quando lo sciame sismico finirà. Nell’appennino, sappiamo che possono durare parecchi mesi. Siamo in piena zona sismica, e con questi terremoti si deve imparare a convivere, anche se si tratta di fenomeni che colpiscono gravemente sia le cose che le persone. Solo chi passa attraverso queste terribili esperienze può capire quanto un terremoto possa segnare l’animo umano in profondità, in modo permanente.

Il terremoto, in un certo senso, seleziona. Sui manufatti agisce separando il “buono” dal “cattivo”, ciò che è ben costruito, da ciò che è debole, vetusto, o semplicemente inadeguato per resistere ad un sisma, e che quindi crolla inesorabilmente quando la terra trema. Ma il terremoto fa altrettanto con le popolazioni: seleziona quelle che, attraverso il concorso di finanziamenti pubblici specificamente erogati, hanno potuto rendere le loro abitazioni antisismiche.

Ed allora è essenziale che il nostro Paese prenda consapevolezza del suo territorio, bellissimo ma estremamente fragile, vulnerabile. Possibilmente ascoltando anche i Geologi, che di questi processi hanno contezza professionale quotidiana, ma che in Italia rimangono spesso inascoltati. Lo dicono in molti: rendere il patrimonio urbano, sia pubblico che privato, resistente ai terremoti costerebbe tantissimo. Ma ricostruire dopo i terremoti che ci colpiranno in futuro costerebbe almeno dieci volte di più, senza contare la prevedibile, inestimabile perdita di migliaia di vite umane. Sono conti elementari, drammaticamente dimostrati dal nostro recente passato. Basterebbe farli, questi conti, agendo subito.

Marco Neri*

*Primo Ricercatore, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sezione di Catania, Osservatorio Etneo


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