“Al mio segnale scatenate l’inferno!” Il comandante Massimo Decimo Meridio De “Il gladiatore” non c’entra nulla.
E’ “Sua Emittenza” la televisione italiana a pronunciare la mitica frase, con tono minaccioso per tutti i telespettatori che l’inferno lo vivranno sul segnale televisivo. Da lunedì i palinsesti di Rai, Mediaset e La7 diventeranno inferni danteschi, cerchi concentrici sempre uguali a se stessi perché il prime time, ogni giorno, ospiterà un talk show. Quasi come gli ignavi, gli spettatori sono condannati ad assistere a cliché sempre uguali: un conduttore, gli ospiti (politici e giornalisti), servizi e inchieste (vere e presunte) di inviati alla perenne caccia di sensazionalismi e “sguub” di Biscardiana memoria.
Non dimentichiamo il momento dell’alleggerimento comico o satirico, non manca mai, anzi in alcuni casi vale l’intera trasmissione. Immancabili i casi umani e gli interventi rabbiosi degli operai, meglio se collegati dalla fabbrica che sta per chiudere e che, schierati come nel Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, sono oggi un quadro sociale molto simile a quello che a fine ‘800 anni Pelizza voleva inquadrare come opera. Lo stesso artista faticò molto per ultimare “Il Quarto Stato” e non è un caso se gli occorsero diverse bozze di preparazione che chiamò: Gli Ambasciatori della Fame, Fiumana e il Cammino dei Lavoratori. Quasi una faticosa scalata sociale. La schiera di operai ritratta nell’allora piazza Malaspina a Volpedo era nella mente dell’autore la raffigurazione del suo pensiero: “La questione sociale s’impone; molti si son dedicati ad essa alacremente per risolverla”. La Piazza Malaspina di allora viene oggi riprodotta in tv, dove il Quarto Stato, i lavoratori, entrano solo come animali da circo perché in fondo, i talk show non sono forse un grande circo mediatico? Il presentatore/domatore c’è, i numeri della crisi, da circo appunto, li esibiscono abbelliti con effetti speciali gli ospiti di turno. L’equilibrista, il pagliaccio, i nani, le ballerine e perfino la donna barbuta sono figure retoriche per una trasmissione che si rispetti. La donna cannone, per rispetto del genere femminile, è stata sostituita da enormi balle che una volta lanciate arrivano fino alla stratosfera disperdendosi. Ecco una figura che manca c’è, è quella del lanciatore di coltelli che in realtà è un mestiere molto ambito ma non può lavorare perché mancano i coraggiosi che facciano da sagoma. Eppure di sagome ce ne sarebbero tante da mirare (per evitarle, s’intende). Insomma le metafore fantasiose per definire questa nostra tv non mancano. La fantasia è proprio il difetto di chi pensa questi palinsesti, colmi di chiacchere, che non spendono nulla o quasi oltre al budget di produzione perché puntano sull’autoreferenzialità degli ospiti che hanno interesse ad apparire. Sedete in poltrona e allacciate le cinture dunque, da lunedì 15 settembre si parte: Piazzapulita al lunedì, il giorno dopo DiMartedì e Ballarò, giovedì la sfida delle correnti di pensiero fra Virus e Servizio Pubblico (o Announo). La Gabbia esordisce alla domenica. Quinta Colonna sarà libera di spaziare durante la settimana così come fanno, ma in seconda serata, Porta a Porta, Matrix e Bersaglio Mobile. Non sono veri e propri talk, ma in realtà fanno parlare i fatti, documentati nelle inchieste o raccontati dalla gente, Report e Presa Diretta che raccolgono consensi morali e sui social più che negli ascolti, comunque lusinghieri. Per la serie, “la verità fa male”. Come se non bastasse la prima serata, basta accendere il televisore prima di cena per trovare “DiciannovEquaranta” (indovinate a che ora?) su La7 e dopo il Tg “Otto e Mezzo” (provate ancora a indovinare l’ora).
Se state pensando che basta trovare qualcosa di meglio da fare la sera per evitare così l’orgia dei salotti televisivi vi sbagliate perché l’orgia si sposta anche in cucina e per l’ora di colazione. Agorà, Omnibus, Coffee Break e l’Aria che Tira insaporiscono già il vostro caffelatte. Lo schema? Sempre quello: conduttore, ospiti, chiacchiere e ancora chiacchiere. Ma a proposito, se i nostri politici sono in tv dalla mattina alla sera chi pensa agli italiani. Forse in questo è cambiato qualcosa rispetto a ciò che Pelizza da Volpedo descriveva sul suo diario nel 1892: “La questione sociale s’impone; molti si son dedicati ad essa alacremente per risolverla”. Sul campo televisivo sarà lotta agli ascolti, bassi o in calo e guerra fra conduttori più o meno brillanti ma questa sarà soprattutto la stagione che ucciderà i Talk Show o che ucciderà noi di noia. Come diceva una canzone, “il trucco si sta sciogliendo ma io continuo a sorridere…non mi arrenderò mai perché lo spettacolo deve continuare”.